In giornata la notizia sui mezzi di informazione locale dell’acquisto, da parte di Ikea, di 20 ettari a Lecce.
Confrontiamo le dichiarazioni dei nostri politici con gli effetti di tale evento su altri territori italiani
Non vogliamo passare per quelli che sono a priori contro la grande distribuzione o i centri commerciali ma in questi anni abbiamo assistito ad un’innegabile saturazione del mercato e alla conferma che queste iniziative non creano maggiore occupazione ma finiscono soltanto per depauperare il territorio e distruggere le città.
E’ di oggi la notizia dell’acquisto da parte di Ikea di 20 ettari a Lecce. L’entusiasmo è per i nuovi 400 posti di lavoro, ma non è dato sapere chi abbia annunciato tali numeri visto che allo stato attuale Ikea ha acquistato dei terreni agricoli sui quali non potrebbe essere realizzato nulla. Naturalmente non si è mossa per nulla, come giustamente potrebbe pensare persino un bambino.
Vediamo quali sono le affermazioni di alcuni nostri politici alla notizia:
Paolo Perrone, sindaco di Lecce (articolo su trnews)
“…politicamente io non posso che essere favorevole a un insediamento che sceglie Lecce per un bacino potenziale che va ben oltre la città…”
On. Gaetano Gorgoni, vicesindaco di Cavallino (articolo su Quotidiano di Puglia)
“… il Salento era il territorio che preferivano e per questo ci furono contatti con la nostra amministrazione che manifestò un sincero interesse. Si sarebbero insediati nell’area Pip, ma le vicende giudiziarie li hanno fatti desistere. Siamo stati tutti assolti per quella vicenda ma, purtroppo e non per nostra colpa o volontà, abbiamo perso un’importante occasione per il territorio».”
Carlo Salvemini, consigliere di Lecce Bene Comune (articolo del suo blog)
“In un momento di grossa depressione sul mercato certamente un buona notizia, anche se al momento solo per i fortunati proprietari terrieri.” Poi si chiede chi abbia assicurato ad Ikea che quei terreni potranno essere sfruttati per gli scopi che la stessa, ovviamente, si propone. Questione questa degna di approfondimento.
Vediamo ora cosa è successo in altre zone d’Italia “fortunate” come Lecce per l’apertura dell’Ikea:
- “A Casale sul Sile, in provincia di Treviso, i negozianti si sono trovati a fianco di ambientalisti, vendoliani e grillini in un’alleanza inedita pur di premere sul sindaco contro un insediamento Ikea da 1.300 nuovi posti di lavoro. Il responsabile della Confcommercio, Guido Pomini, ha tuonato contro «gli incalcolabili danni all’ambiente e alla viabilità» e ha messo in guardia «dalla nuova cementificazione».” Dario Di Vico sul Corriere della Sera
In questo caso si tratta di 1.300 posti di lavoro. A Lecce si parla di soli 400.
- “I mobilifici del Quartier del Piave travolti dalla crisi: negli ultimi quattro anni hanno chiuso in 53, più di un’azienda al mese. Aumentano le ore di cassa integrazione, diminuiscono i posti di lavoro. Non inganni il calo della cassa integrazione straordinaria, meno 40 per cento da gennaio-agosto 2011 a gennaio-agosto 2012: «È solo perché le aziende chiudono e dalla cassa straordinaria si passa alla mobilità» spiega Francesco Orrù, segretario generale di Filca Cisl Treviso. A livello provinciale, nei primi otto mesi dell’anno sono state autorizzate 273 mila ore di cassa ordinaria, il 52 per cento più dell’anno scorso. Di queste, il 23,6 per cento riguarda proprio il settore del mobile. Dove anche l’emorragia di posti di lavoro è più forte: tra luglio 2011 e giugno 2012 sono rimaste a casa mille seicento persone. Il miracolo economico, da tempo divenuto uno sbiadito ricordo, negli 11 Comuni del distretto del mobile si è trasformato in un incubo.” L’Ikea ha condannato a morte i mobilifici italiani di Luca Scialo’ su CaffeNews
- “«Mio figlio adesso, preferisce fare lo spazzino». Parola di industriale. Un viaggio nel Veneto profondo delle piccole medie imprese, dove la crisi c’è e colpisce più duro. Gli artigiani sono in affanno: dal settore tessile, che teme la concorrenza cinese e deve avvalersi dei loro laboratori per restare nel mercato, al distretto del mobile. che affonda sotto l’invasione dell’arredamento low-cost.” Mobili e tessile, la crisi tra Ikea e cinesi. Confartigianato e Cna di Padova portano i politici nelle aziende che rischiano di chiudere. da Corriere della Sera
Dal Veneto alla Sicilia, dal Piemonte all’Abruzzo, quanto accade attorno agli stabilimenti della multinazionale svedese sono alla portata di tutti con una semplice ricerca su google. Lo stesso si faccia per scoprire le condizioni di lavoro in cui versano i dipendenti del gruppo.
Se la situazione è drammatica in territori notoriamente più ricchi, dove il contesto economico ancora galleggia, non è difficile immaginare cosa accadrà ai mobilifici di Lecce, Brindisi, Taranto e rispettive provincie. Artigiani, fabbriche e rivenditori del settore si dovranno subire le ricette miracolose per uscire dalla crisi che gli stessi politici che oggi sono soddisfatti sforneranno in campagna elettorale.
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